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Come aprire un conto corrente all’estero e adempimenti da fare

7 Aprile 2018 Lascia un commento

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Indice dei contenuti

  • Come aprire un conto estero legalmente
  • Adempimenti e imposte da pagare con un conto corrente all’estero
  • Conto corrente estero e quadro RW

Come aprire un conto estero legalmente

Come estrema tutela del nostro risparmio dal sistema creditizio Italiano un po’ troppo in difficoltà l’aprire un conto all’estero LEGALMENTE non è un’avventura così esotica e trascendentale se ne conosciamo il quadro normativo. Idem per la tenuta dell’euro.

Volevo provare a dare le maggiori informazioni di cui ne sono venuto a conoscenza perché valutiate i pro e contro affinché chiunque possa esserne consapevole di cosa comporta.

Punti a sfavore sono la lontananza dell’intermediario e l’operatività quotidiana, ma chi già spedisce denaro ai conti depositi online è ancora più confidente di chi va presso uno sportello estero di una realtà non coinvolta da tutte le vicissitudini che si ascoltano oggi e ha timore della solidità degli Intermediari domestici. A maggior ragione se non quotati.

Adempimenti e imposte da pagare con un conto corrente all’estero

Se le remore ad aprire un deposito estero sono i costi e gli adempimenti fiscali, vorrei provare almeno a chiarire quest’ultimo aspetto perché il resto è da chiarire con ogni intermediario da affrontare dopo la eventuale decisione di agire in questa direzione.

Come aprire un conto corrente all'estero e adempimenti da fare

Le imposte da pagare all’Italia per interessi da risparmio maturati all’estero è il 20%. Esattamente come per un c/c o un conto deposito in Italia. Leggermente diverso il discorso bolli su estratto conto, ma incide per 0,05% rispetto all’Italia.

Questo 20% potrebbe assumere significati diversi nell’Unione Europea, nel resto del mondo e in particolari Paesi come Svizzera, San Marino, Principato di Monaco e altri.

La norma da cui deriva il ragionamento che ci porta a questa imposta è rappresentato dal combinato disposto degli articoli 23 e 165 del TUIR, il d.p.r. 22 Dicembre 1986, n. 917. Il primo articolo, Applicazione dell’imposta ai non residenti, recita: «Ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato: a) i redditi fondiari; b) i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti, con esclusione degli interessi e altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali [….]». Il secondo articolo, al secondo comma poi recita: «I redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato».

Semplificando i termini diciamo che gli interessi e gli altri proventi che il contribuente italiano ricava da investimenti di risparmio all’estero si considerano prodotti in Italia, e quindi sono imponibili in Italia.

In alcuni casi però ben definiti dalla legge all’articolo 18 del TUIR, i redditi di capitali possono anche scontare l’imposizione progressiva dell’IRPEF, cioè la tassazione ordinaria. Rimando la trattazione in altro articolo o con il vostro fiscalista.

Conto corrente estero e quadro RW

Come adempimenti dichiarativi la compilazione del quadro RW è un onere che i contribuenti potrebbero anche evitare scegliendo di investire denaro all’estero attraverso banche/intermediari italiani che siano disposte a farlo; così l’onere di comunicazione delle operazioni che superano i 10.000 euro spetterebbe a loro e non ai contribuenti: quindi se facciamo un bonifico di 30.000 euro tramite intermediario IT verso estero non dovrei assolvere nessun obbligo in caso di investimento. A questo proposito è utile citare il comma 4 dell’art. 4 del d.l. 167/1990, proprio quello sul monitoraggio fiscale che dice: «gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi previsti nei commi 1 e 2 [compilazione del quadro RW n.d.a.] non sussistono per i certificati in serie o di massa ed i titoli affidati in gestione od in amministrazione agli intermediari residenti, soggetti all’imposta sostitutiva di cui all’articolo 2, commi 1-bis e 1-ter, del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239, indicati nell’articolo 1, per i contratti conclusi attraverso il loro intervento, anche in qualità di controparti, nonché per i depositi ed i conti correnti, a condizione che i redditi derivanti da tali attività estere di natura finanziaria siano riscossi attraverso l’intervento degli intermediari stessi».

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Sicuramente evitiamo ogni adempimento dichiarativo personale se le movimentazioni le facciamo fare ad una fiduciaria in caso di movimenti fra conti italiani ed esteri. Le banche italiane difficilmente farebbero una attività gratuita di sostituti d’imposta e monitoraggi addirittura di denari che gli vengono sfilati sotto il naso. Non mi fiderei della loro diligenza come potrebbe lasciare intendere la norma. Farsi dare le documentazioni dall’intermediario estero e fare compilare il quadro RW dal commercialista per sentirsi in regola e dichiarare all’ufficio delle dogane il trasferimento sopra i 10.000 euro.

Questo dice quasi tutto ma spostare denaro in Germania e spostarlo in Svizzera può non essere la stessa cosa. Infatti la Svizzera, su richiesta del cittadino italiano, può concedere il segreto bancario, o meglio può non concedere al Fisco italiano lo scambio di informazioni sul contribuente che invece assicurano per legge comunitaria gli intermediari tedeschi.
Pare che la Svizzera comunque non apre più conti cifrati a stranieri quindi aderisce per forza allo scambio dati.

Diventa molto importante il canale attraverso cui si trasferisce ricchezza all’estero; se utilizzo la mia banca italiana non dovrò avere grosse preoccupazioni facendo compilare il quadro RW e la dichiarazione alle dogane, ma utilizzando un intermediario non residente per il mio trasferimento, chiedendo il segreto bancario al gestore straniero e non compilando il quadro RW allora ho creato un fondo nero. E questo non va bene per un contribuente onesto, ma pieno di timori sul sistema paese! Se voglio investire in Svizzera, secondo un accordo del 2004, posso semplicemente chiedere che l’intermediario elvetico adotti il regime dello scambio di informazioni nei confronti del Fisco italiano. Dunque nessun fondo nero, nessun grattacapo fiscale, solo una maggiore tranquillità sul proprio risparmio nei confronti degli intermediari italiani!

Nell’Unione europea tranne Austria e Lussemburgo dovrebbe vigere quindi un automatismo di comunicazione tra gli stati membri secondo la cosiddetta Direttiva Risparmio 2003/48/CE, che al punto 8 delle considerazioni introduttive, nonché al paragrafo 1 dell’art. 1, ci fa capire che: «l’obiettivo finale della presente direttiva è consentire che i redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi corrisposti in uno Stato membro a beneficiari effettivi che siano persone fisiche, residenti in un altro Stato membro, siano soggetti a un’imposizione effettiva secondo la legislazione nazionale di quest’ultimo Stato membro».

Tutte queste informazioni sull’accensione e il mantenimento di un deposito in uno Stato UE si dovrebbero realizzare secondo le modalità che seguono: trasferimento del denaro attraverso una banca italiana e dichiarazione alle dogane; scelta dell’accredito degli interessi sul conto corrente italiano; ritenuta del 20% applicata non dalla banca straniera, ma dalla dalla fiduciaria o dalla banca italiana al momento dell’accredito degli interessi lordi se lo vuole fare altrimenti vengono regolati nel quadro RW.
Regime particolare per nazioni come Austria, Lussemburgo, Svizzera, San Marino ed altri paesi limitrofi alla UE (Questi Paesi dovrebbero essere: Principato di Monaco, San Marino, Liechtenstein, Principato di Andorra e Svizzera.) rispondono sempre la Direttiva risparmio 2003/48/CE all’articolo 10 prevede un regime transitorio per Lussemburgo ed Austria in ragione delle loro particolari caratteristiche.

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Questo regime prevede oggi due alternative per questi Stati membri e per i risparmiatori che qui vogliono fare affari: adottare il regime dello scambio di informazioni, con modalità identiche a quelle spiegate prima per gli altri Stati UE. Se il contribuente chiede all’intermediario di applicare il regime dello scambio di informazioni allora tutto torna ad essere chiaro e semplice come descritto poco sopra.
Applicare in forma anonima una ritenuta alla fonte del 35%, cosiddetta euroritenuta, sugli interessi in uscita. Se il contribuente chiede all’intermediario di NON applicare il regime dello scambio di informazioni pieno e automatico allora deve subire una ritenuta alla fonte altissima, anche se in Italia poi avrà un “credito di imposta pieno” da far valere come rimborso nei confronti del Fisco.
Esempio di credito di imposta così come delineato dall’art. 165 del TUIR: persona fisica residente in Italia, trasferisco 10 mila euro in Austria e non autorizzo la banca austriaca a scambiare automaticamente informazioni col Fisco italiano; dopo un certo periodo io ottengo sul mio deposito austriaco interessi pari a 100 euro. La banca austriaca avrà l’obbligo di accreditare sul mio conto corrente italiano non 100 euro, ma 65 euro (i 100 al netto della ritenuta di 35). La Direttiva risparmio 2003/48/CE ci indica che un italiano deve pagare sugli interessi da risparmio il 20% e non di più. Allora io dovrò inserire in dichiarazione dei redditi il mio guadagno lordo di 100 euro su cui devo pagarne 20 di imposte. Avendone già versate 35 euro al Fisco austriaco, l’Italia mi concede un credito di imposta pari all’intero ammontare delle imposte pagate all’estero. Il risultato finale mi vedrà creditore nei confronti del Fisco italiano per 15 euro: 20 – 35 = – 15.
L’esempio appena fatto spiegare il funzionamento del credito di imposta previsto dalla Direttiva risparmio. In realtà, poiché il credito di imposta non viene concesso per le imposte sostitutive, in Italia succederà che il contribuente paga comunque l’aliquota del 20% applicata dalla banca per gli interessi in ingresso e successivamente chiederà a rimborso l’euroritenuta del 35%. Una corsa ad ostacoli.

Vi sono enti creditizi esteri che rilasciano la documentazione delle consistenze ed operazioni nell’anno da fare trascrivere dal commercialista sul quadro RW.

Il Belgio ha scelto di adottare il regime dello scambio di informazioni così come tutti gli altri Stati UE.

Si discute sulla revisione della Direttiva risparmio che permette agli intermediari dei Paesi a fiscalità privilegiata di aggirare le norme. Cosa succede se una banca svizzera opera attraverso una filiale situata fuori dalla Svizzera e fuori dall’UE? Non applica la direttiva, cioè non applica lo scambio di informazioni e neanche la ritenuta del 35%. Considerazione doverosa: fin dove dobbiamo estradare il denaro? Come potremo mai spendere questo denaro e in quale nazione evoluta che lo accetti senza notificarlo all’Italia?

Potrei spiegare qualcosa anche sulle possibilità per il resto del mondo, ma perché correre il rischio di avere un deposito in un paese che non ha sottoscritto una Convenzione contro le doppie imposizioni se vogliamo detenerlo legalmente?

Un accenno comunque agli investimenti sottoscritti in Italia, ma dove il denaro è gestito ed ubicato in paesi esteri UE e Extra UE.
La gestione degli interessi è assoggettata alle tasse 12,5% o 20% prelevati dall’intermediario italiano come se voi aveste dei depositi esteri legalmente detenuti e usaste un intermediario italiano per muovere il denaro e gli interessi. SALVIAMO CAPRA E CAVOLI.

Da quello che ho scritto sopra con poca fatica si possono ovviare problemi di insolvenza del sistema bancario Italiano e i timori per la tenuta dell’Euro.

Archiviato in:Crescita Finanziaria, Economia, Tasse

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